Sicurezza Subacquea - (Parte 1)
Abbiamo visto nell’introduzione a questa rubrica che tutti dobbiamo accettare un certo grado di rischio in ogni cosa che facciamo. Ognuno di noi nel momento in cui si trova a dover affrontare una situazione potenzialmente rischiosa, si comporta funzionalmente a due principali componenti della sua personalità, una irrazionale e l’altra razionale.
La prima,quella irrazionale è la sua intraprendenza istintiva. Ognuno di noi è più o meno intrepido e coraggioso di un altro. A prescindere dal sapere gestire o meno una situazione rischiosa, una parte di noi ci spinge ad affrontarla, oppure ad evitarla. La seconda parte è quella razionale, che media la prima e nasce dall’esperienza, dalla valutazione razionale del rischio. Ognuna di queste due parti è fondamentale per la nostra sicurezza, si può essere esperti, ma la mancanza di freddezza in alcuni momenti di emergenza può essere letale, viceversa agire con con esperienza evita di imbattersi in situazioni potenzialmente pericolose ed inoltre l’esperienza induce freddezza e controllo a persone instintivamente pavide.
Ma quando una situazione diventa pericolosa?
Questo dipende spesso più che dalla situazione in se e per se, dalla persona e dal modo in cui la stessa decide di affrontarla.
La prima domanda che si deve fare un subacqueo è capire quanto si senta sicuro durante le sue immersioni.
Il primo strumento di misura non è il computer od il manometro, ma è la propria sensibilità, la propria consapevolezza nel sentirsi a proprio agio o meno nel corso di un’immersione.Anche in una immersione a pochi metri di profondità il solo fatto di sentirsi a disagio, in affanno, infreddolito significa pericolo. Anche se il manometro indica 180Bar ed il computer 99 minuti alla Deco. Ogni volta che succede questo, stiamo rischiando e se ne siamo consapevoli e coscienti possiamo lavorare affinché ciò non accada, oppure accettarlo come un livello di rischio personale a cui si sia disposti ad esporsi.
Spesso non si lavora per migliorare le proprie performance e contemporaneamete si cerca di rimuovere mentalmente lo spauracchio dell’incidende come improbabile per la propria persona.
Tutte e due attività alquanto pericolose, ma praticatissime.
E’ la nostra componente istintiva che ci porta a comportarci cosi.
Il primo passo che voglio fare è invitare ogni lettore ad una riflessione.
Pensare ad ogni volta che si sia sentito non a posto, ad ogni volta che abbia perso attenzione verso il proprio compagno, oppure ancora, magari spingendosi in un grotta od in un relitto abbia pensato di essere andato oltre.
Ogni volta che con poca aria in bombola, abbia pensato di cercare di evitare di dichiararlo subito per non essere quello che accorcia l’immersione del gruppo. Insomma porre attenzione ad ogni dettaglio in cui si abbia violato delle banali regole di sicurezza e che appena tornato in superficie abbia rimosso mentalmente.
Questo è il primo passo verso la sicurezza, la consapevolezza dei propri limiti ci porta a migliorarci. Il pensare questa volta è andata, ci può portare a ritrovarci in una situazione analoga e magari nella seconda occasione potrebbe andare peggio.
I limiti possono anche essere nelle attrezzature sulle quali non vengono fatte regolari manutenzioni, in attesa che problema arrivi in acqua, si applica cioè lo stesso principio che non ci fa affrontare i problemi per tempo sulla nostra persona.
Il passaggio a migliorarci può essere lungo, ma deve essere innanzitutto visto per poter essere raggiunto. Il grado di sicurezza può inoltre essere notevolmente aumentato utilizzando le miscele opportune anche nelle immersioni ricreative, purchè non si arrivi a pensare di essere sicuri per il solo e semplice fatto di andare in acqua con il Nitrox od il Trimix.
Impariamo quindi a limitare la nostra componente istintiva con quella riflessiva, dando il giusto peso a tutte quelle mancanze che normalmente facciamo finta di non vedere.
Sia ben chiaro, io parlo di queste cose, non come subacqueo immune da questi difetti, anzi ne sono appunto maestro. Ho però l’umiltà di riconoscerli e cercare di lavorare per ridurli, umiltà che non è sicuramente da tutti.
Iniziamo a confrontare il nostro livello di sicurezza percepito ad esempio in una immersione a 20metri, con una a 40 e chiediamoci in tutta onestà se ci sentiamo sicuri allo stesso modo. Analizziamo il nostro rapporto che il computer che ci indica il fuori curva o con la bombola che inesorabilmente si stà scaricando. Inizieremo a fare questo dal prossimo articolo.
Alcuni di voi leggendo questi articoli, penseranno che stia parlando di aria fritta, altri più onesti con se stessi si saranno riconosciuti in alcune delle mancanze che ho descritto. Avranno fatto quindi il primo passo verso delle immersioni più sicure.