domenica, luglio 30, 2006

I pericolosi abitanti del mare

Il mare, immergersi per scoprire le bellezze dei fondali, cercare forme di vita particolari, colori variopinti e vivaci, a volte indefinibili, fotografare questi affascinanti abitanti in un mondo parallelo o meglio ...sotto di noi!
Ma attenzione ad alcuni di loro, pericolosi di solito solo se distirbati, evitiamo di avvicinarsi troppo!!

La tracina
Comunemente chiamata anche «raganella», è il pesce più velenoso del Mediterraneo. La puntura provoca un dolore urente che aumenta rapidamente, di durata variabile da poche decine di minuti fino a 24 ore, talvolta così forte da poter causare la perdita di conoscenza.
La zona colpita appare inizialmente biancastra, divenendo rapidamente rossa e tumefatta, con un gonfiore che poi si estende alle parti vicine. Talvolta si verificano anche difficoltà di respirazione, febbre, mal di testa, nausea e vomito; nei casi più gravi si hanno anche convulsioni. Dato che la tossina che viene inoculata è termolabile, il trattamento richiede la disinfezione della ferita e l'immersione della parte colpita in acqua salata calda, per almeno due ore (possibilmente almeno un'ora). In alcuni casi più gravi può essere necessario un controllo medico e una terapia antibiotica. Si consiglia sempre la profilassi antitetanica.

Lo scorfano
La puntura degli aculei di questo pesce solitamente è meno dolorosa di quella della tracina; il dolore insorge dopo qualche minuto e può durare diverse ore. Le conseguenze sono solitamente meno gravi, anche se si possono avere cefalea, nausea e vomito, shock anafilattico. Il trattamento è identico a quello delle tracine. La puntura dello scorfano, in particolare, produce di solito una necrosi dei tessuti circostanti la zona d'inoculazione, che si può combattere efficacemente con una tempestiva terapia antibiotica.

Il pesce cobra
In caso di puntura si avverte un forte dolore nella parte colpita con evidente ferita sanguinante. I sintomi, oltre al dolore, possono essere nausea, vomito, shock, morte occasionale. Primo soccorso: trattamento come per lo scorfano.

Il trigone (ferraccia)
Il veleno iniettato da questo animale, che ha l'aculeo alla base della coda, procura dolori violenti e complicazioni che talvolta possono sfociare in situazioni molto gravi: si può avere infatti sudorazione, tachicardia, ipotensione, vomito, diarrea, fino a giungere in rari casi alla paralisi muscolare con morte.
La ferita si può complicare con suppurazione ed eventuale cancrena. Quindi, occorre sempre l'intervento del medico. Il trattamento immediato è come per la tracina.

Gli squali
Gli squali si trovano in tutti i mari del mondo e talvolta risalgono le foci dei fiumi. Sono guidati dall'odore del cibo, dall'udito e dalla vista. Si spostano generalmente in branchi e mangiano a ogni ora del giorno e della notte. Lo squalo più pericoloso, nella classificazione delle 250 specie studiate fino a oggi, è lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), che vive anche nel Mediterraneo, la cui lunghezza si aggira fra i 10 e i 12 metri e il peso intorno alle 12 tonnellate; è di una voracità senza limiti e addenta anche le tartarughe marine.
I nemici degli squali sono il pesce istrice, il calamaro gigante, l'alligatore degli estuari, l'orca, il delfino e, in un certo senso, il cacciatore subacqueo.
È opportuno evitare di fare il bagno lontano dalla costa o comunque di rimanere per lunghi periodi in superficie, anche con piccoli canotti con le gambe e le braccia che penzolano in acqua; inoltre è bene cercare di nuotare con movimenti ordinati, con bracciate lente7 vigorose e uniformi; i movimenti disordinati nel nuoto sono infatti un richiamo per gli squali.
Trovandosi in acqua in presenza di squali si deve cercare di fare dei finti attacchi, oppure muggire sotto la superfide dell'acqua o fare degli spostamenti laterali quando uno di essi attacca. Infatti gli squali una volta scattati, sono incapaci di mutare traiettoria, anche se il bersaglio si è spostato all'improvviso.
Se vi è un ferito in acqua, le persone vicine dovranno cercare di fare un circolo intorno a lui perché per la sua perdita di sangue, è il soggetto preso di mira dagli squali.
Alcune consigli sono rivolti specialmente a quei subacquei che s'immergono in mari frequentati da squali: non offrire cibo quando si è in immersione ed evitare branchi numerosi, dar da mangiare al branco è un gioco che a volte per alcuni subacquei è diventato pericoloso; i pescatori subacquei evitino di portarsi dietro pesci feriti o sanguinanti; infine, non infastidire gli squali e non andare mai in acqua da soli.
Le ferite prodotte dal morso degli squali (che non produce dolore) possono provocare grosse mutilazioni con gravi emorragie anche mortali. I primi soccorsi saranno rivolti al controllo dell'emorragia applicando bendaggi e, se è possibile, un laccio emostatico. Il ferito andrà trasportato al più presto in un luogo dove potrà essere sottoposto a cure mediche.

Le meduse
Le meduse dei nostri mari non sono pericolose come altre presenti in zone lontanissime, per esempio nei mari tropicali, ma sono pur sempre causa di fastidio, come arrossamenti, dolori e vesciche.
È sempre bene evitare di fare il bagno dove esse sono presenti; soprattutto, anche se vengono appena sfiorate, bisogna evitare di toccarsi poi gli occhi.
Gli arrossamenti e le vesciche provocate dal contatto con i tentacoli delle meduse si curano con applicazioni di soluzioni diluite di ammoniaca, impacchi di acqua salata calda, alcol, pomate antistaminiche o corticosteroidee, che inattivano il veleno dei tentacoli.
Nel caso che frammenti di tentacoli restino attaccati alla cute, vanno rimossi facendo attenzione a non schiacciarli per non spremere altro veleno; bisogna evitare l'uso di acqua dolce, che favorirebbe la fuoriuscita del veleno dai tentacoli. Solo in caso di contatto con il viso o con gli occhi, bisogna procedere il più precocemente possibile a un abbondante lavaggio con acqua dolce fresca o con prodotti specifici per il lavaggio oculare reperibili in farmacia

Attinie e cerianti
Le attinie e i cerianti vivono attaccati agli scogli. Conseguenze e rimedi: come per la medusa.

Murena
E un pesce serpentiforme, considerato pericoloso e velenoso a causa del suo aspetto aggressivo. In realtà è molto timido e vive abitualmente riparato in tane costituite da spaccature degli scogli. Non attacca, ma morde solo per difesa se si sente minacciato da vicino.
Il morso, a causa dei numerosi denti robusti e aguzzi e della forza delle mascelle, è molto doloroso; contrariamente a quanto si crede non è velenoso, ma s'infetta molto facilmente. E pertanto fondamentale procedere a un'immediata disinfezione della ferita, seguita da terapia antibiotica e profilassi antitetanica sotto controllo medico.

I ricci di mare
Vivono sugli scogli e presentano aculei molto acuminati che si spezzano facilmente. Non iniettano veleno, ma la puntura è dolorosa e s'infetta facilmente.
Bisogna procedere a un'accurata disinfezione della ferita e a una rimozione degli aculei con una pinzetta sterilizzata. Può essere utile la terapia antibiotica e la profilassi antitetanica.

Il vermocane (Hermodice carunculata)
E' un verme che può raggiungere la lunghezza di trenta centimetri, munito di setole fortemente urticanti. Diffuso nei mari tropicali, è presente in Mediterraneo nei mari della Sicilia e in Egeo. Il contatto con queste setole, che penetrano facilmente nella cute, provoca dolorose irritazioni.
Bisogna trattare la parte colpita con pomate antistaminiche o pomate cortisoniche. Bisognerà provvedere anche all'estrazione delle setole penetrate nella cute, utilizzando anche nastri adesivi.

I coralli
Le lesioni da corallo possono provocare serie infezioni se non s'interviene in maniera adeguata. Bisogna pulire bene la ferita con acqua pulita. Eliminare corpi estranei con una soluzione antisettica: applicare una pomata antibiotica e disinfettare con Betadine o tintura di iodio.

La torpedine
Caratteristica di questi animali è la capacità di produrre scariche elettriche. Toccandola si può rimanere colpiti da scariche elettriche anche di forte intensità.


I testi utilizzati sono tratti da:
P. Cardini, Manuale della Sicurezza in mare e nelle acque interne.
Editoriale Olimpia, 2000. www.edolimpia.it


Ale (ìLuce)

Sicurezza Subacquea - (Parte 2)

Nell’ultima parte di questa rubrica abbiamo parlato di utilizzare la propria sensibilità, come primo strumento da leggere per fare immersioni sicure.

Questo è un concetto fondamentale da seguire.

Occorre capire che ogni immersione, può essere diversa da quella precedente. Alcuni giorni, in modo giustificato (oppure no) possiamo essere in condizione di non effettuare in sicurezza un’immersione che normalmente non ci creerebbe problemi particolari.

Dobbiamo avere il coraggio di capirlo e comportarci di conseguenza.



Quindi le nostre sensazioni come primo strumento, ma questo è un concetto sempre valido?

Purtroppo no, alcuni problemi esulano dal campo (diciamo) visivo della nostra sensibilità, in particolare per le immersioni ripetitive e ripetitive in giornate consecutive. Leggendo alcuni dati statistici che vanno per la maggiore, si può leggere che la subacquea è uno sport pericoloso come il bowling, (cosa che io ritengo una stronzata al livello del chilo di pesata ogni dieci del subacqueo), oppure che quando un subacqueo risale con problemi di MDD o EGA senza avere violato le curve di sicurezza ci si trova davanti a casi mistici di PDD ingiustificate.
Bene, io penso che ogni subacqueo sà in cuor suo quando ha superato i suoi limiti ( e non quelli che gli indica il computer) e se i problemi da decompressione possono essere ingiustificati secondo i criteri generali, non lo sono affatto spesso nel caso specifico.
Andando a vedere i casi documentati di MDD, si scopre che spesso nelle vacanze subacquee al quarto o quinto giorno di immersione ripetitiva a giorni consecutivi ci si trova in grave rischio di MDD. Anche se le immersioni non sono state profonde, magari se il Venerdì di una vacanza subaquea si riesce dall’acqua con problemi, si ha il coraggio di parlare di MDD ingiustificata.
In questi casi la nostra sensibilità non ci può essere di aiuto, perché dopo una nottata il nostro cervello è totalmente resettato rispetto all’esperienza subacquea del giorno precedente, il nostro azoto accumulato, però è ancora presente nei tessuti lenti del nostro corpo. In questi casi, ci dovrebbe essere di aiuto il nostro computer, ma spesso non è sufficiente.
Le statistiche indicano che se quest’ultimi possono dare indicazioni valide, nel caso di poche immersioni ripetitive, nel caso di molti giorni di ripetitive, si rischia veramente tanto.
Spaccate quindi la vostra vacanza subacquea, in due parti rinunciando alle immersioni per un giorno, avrete fatto sicuramente un passo sicuro verso la sicurezza.
Attenti anche al No fly time, ma anche qui sappiate che il tempo che vi indica il computer è una scelta di massima e non un dato affidabile. La prima variabile che incide sui voli (che è chiaramente sconosciuta al vostro computer) è il sistema di pressurizzazione dell’aereo che prenderete. Se tutti gli aerei pressurizzano a regime (più o meno alla stessa quota), tra di loro ci sono differenze notevoli di velocità con cui stabilizzano la pressione. Per l’MDD la velocità, cioè i gradienti di pressione, sono ancora più importanti delle pressioni assolute, in quanto favoriscono l’aggregazione di bolle silenti. Quindi se avete fatto molte immersioni, fatevi dare la curva di pressurizzazione dell’aereo che prenderete, oppure (ipotesi più praticabile) considerate veramente il No Fly time come il minimo tempo da attendere e magari aspettate qualche ora in più.
Tutto questo giro di parole per dirvi che nel caso di immersioni ripetitive in giorni consecutivi, non fidatevi della vostra esperienza e del vostro grado di allenamento ed addirittura del vostro computer, ma siate iperprotettivi a prescindere. Sono queste le uniche regole che vi eviteranno con buona probabilità patologie da decompressione.