Sicurezza Subacquea (Parte 3)
Gestione delle omesse tappe di decompressione asintomatiche.
Voglio in questo post trattare un argomento molto spinoso. Quello che troverete scritto di seguito dovrà essere letto con molta attenzione ed approfondito con la lettura di ulteriori fonti o con discussioni ulteriori.
Il mio compito è di dare l’informazione iniziale, lo spunto che vi possa fare riflettere per tempo e farvi trovare pronti nell’evenienza. Il tutto per maturare con coscienza, la consapevolezza di agire in un modo piuttosto che in un altro nel caso di salto di tappa asintomatico.
Ma ripartiamo dalle basi. Fino dalla fine del corso Open, nei corsi ricreativi viene inculcato un concetto con chiarezza: "Se un subacqueo riemerge con sintomi di MDD o EGA, non deve essere ricompresso in acqua, ma devono essere attivate tutte le procedure di soccorso standard previste per il caso!".
Ma se un subacqueo ad esempio riemerge a causa di una pallonata, oppure per una qualunque ragione salta delle condizioni previste dalle tabelle in uso e non manifesta nessun sintomo particolare, come ci si deve comportare? Avete le idee chiare, di come comportarvi in questa particolare (ma molto comune condizione), tecnicamente definita come salto di tappa asintomatico (gestione di omessa tappa di decompressione asintomatica)?
Le didattiche ricreative non affrontano volutamente il problema, perché ritengono che il subacqueo ricreativo sia sostanzialmente incapace di intendere e volere. Quindi in nessun caso si affronta un problema che non può essere procedurizzato, ma che deve essere lasciato alla coscienza del subacqueo stesso o peggio all’intraprendenza del responsabile dell’immersione.
Immaginate che a causa di una pallonata, magari causata da una gestione errata della muta stagna, oppure dalla scarsa stabilità di una cima ci si trovi in superfice avendo saltato parecchi minuti di tappa. Come ci si deve comportare?.
Il computer suona, chiedendoci di immergerci nuovamente per riportarci alla profondità della tappa saltata, noi non sentiamo nessun sintomo particolare, ma la testa comincia a pensare che i sintomi potrebbero arrivare a breve ed allora la reimmersione ci spaventa. Inoltre ci viene in mente l’assioma (ricreativo) che avere sintomi da MDD o peggio EGA in immersione possa essere addirittura letale (e questo può essere vero).
Allora, cosa si deve fare? Si risale in barca e ci si affida ad una respirazione preventiva di ossigeno, oppure…cosa? Ma ancora il tarlo ci prende, se faccio la cosa giusta posso risolvere il problema, se invece sbaglio…? Qual’è la cosa giusta da fare?
Ebbene la risposta assoluta non esiste ed è per questo che non la troviamo sui manuali ricreativi, però una serie di condizioni possono guidarci a fare la giusta scelta, che in ogni caso dovrebbe essere fatta dal subacqueo stesso con una serie di dati oggettivi in mano. Perché se è vero che la risposta giusta non esiste è altrettando vero che agire nel modo opportuno può evitare l’insorgere di problemi e che fino a che siamo asintomatici (cioè che non presentiamo sintomi) siamo in tempo ad effettuarle (dopo esiste un'unica via, quella della camera iperbarica).
Solo noi possiamo decidere cosa fare in questo momento, nessuno ci può aiutare meglio della nostra consapevolezza nel sapere cosa è successo e solo noi dobbiamo avere le conoscenze sufficienti per decidere con freddezza la migliore soluzione.
Ripeto in ogni caso che se è presente un sintomo anche lieve di MDD o EGA occorre uscire dall’acqua il prima possibile e se decidiamo di reimmergerci dobbiamo abbandonare l’immersione appena anche il più fiebile sintomo si manifesta. Dobbiamo essere consapevoli che se si manifestassero in acqua sintomi seri, dovremmo riemergere immediatamente con l’opportuna assistenza.
Elenco i principali fattori che possono portare a decidere una reimmersione.
1) Non esistono sintomi di MDD ed EGA, e ci sentiamo nonostante l’errore effettuato sostanzialmente tranquilli.
2) Il nostro compagno è ancora immerso ed ha seguito il problema e risulterà pronto ad assisterti nella reimmersione.
3) Si stà respirando una miscela iperossigenata, oppure è presente ad non oltre 12 metri di profondità una stazione di decompressione con miscela iperossigenata.
4) Siamo vicini alla barca ed abbiamo avuto il tempo di avvisare le persone a bordo di quello che si sta facendo.
5) Siamo in condizione di portarci ad una profondità uguale o superiore a quella della tappa saltata entro 3 minuti.
6) Preferiamo affrontare subito il problema, invece che passare le prossime ore in ansia sulla barca in attesa che possa arrivare qualcosa.
7) Non è disponibile ossigeno puro a richiesta sulla barca di appoggio.
Elenco dei principali fattori che possono portare a decidere di non reimmergerci.
1) Siamo emersi per mancanza d’aria.
2) Siamo soli, od abbiamo paura di non ricevere una adeguata assistenza in acqua.
3) Preferiamo affrontare il problema fuori dall’acqua respirando ossigeno puro.
4) Accusiamo sintomi di MDD o EGA
Regole generali per gestire una omessa tappa di decompressione:
1) Essere sempre consapevoli se risulta disponibile ossigeno a 100%, oppure no.
2) Portarsi entro 3 (max 5 ) minuti ad una profondità uguale o superiore a quella della tappa saltata.
3) Cercare il supporto di uno o più subacquei che siano coscenti di quello che si stà facendo.
4) Se sono passati più di 3 minuti, rimanere in acqua per almeno il quadruplo del tempo al doppio della profondità della tappa saltata.
5) Se qualcuno del gruppo respira una miscela iperossigenata, fare in modo di respirarla.
6) Se si riesce a ritornare entro un minuto alla profondità della tappa saltata, continuare normalmente la decompressione indicata dal computer aumentando di qualche minuto rispetto alla tappa originale.
Personalmente sono molto sensibile al problema, in quanto mi è capitato un salto di tappa di 3 minuti, riemergendo da 12 metri in circa un minuto (a causa di un errore di riemersione nel blu, con muta stagna). Ero fuori curva di circa 3 minuti ed il computer mi chiedeva di reimmergermi. Ho pinneggiato per circa un minuto per riportarmi sotto la barca, ho avvisato quelli della barca e mi sono immerso nuovamente sulla catena dell’ancora. Ero solo, ma contavo di anticipare solo di poco il resto del gruppo che sarebbe dovuto arrivare. Mi sono portato a circa 8 metri, che era la massima profondità che mi faceva sentire tranquillo e lì sono rimasto per circa 10 minuti, ho fatto i tre minuti a 4 metri e poi sono risalito in barca ed ho respirato per circa 15 minuti ossigeno puro a richiesta. Alla sera una telefonata al DAN, mi confermava che avevo fatto sostanzialmente una procedura corretta di omessa tappa di decompressione, ma all’epoca non avevo letto nulla a riguardo. Quindi non sapevo se avevo agito correttamente, oppure no esattamente come potrebbe capitare a voi. Informatevi e fatevi la vostra idea, in modo che nell'evenienza siate voi a decidere cosa fare, non il vostro computer, oppure la vostra guida che potrebbe non essere sufficentemente competente da fare la giusta scelta (che di solito è quella che porta e ridurre le responsabilità personali).
A parte le regole semplicistiche date a puro livello di indicazione, il manuale US navy fornisce varie tabelle, in funzione del livello di assistenza previsto e del tempo passato per ritornare alla profondità di tappa che portano ad indicare di fare varie tappe da 12m fino a 3 metri per un tempo circa quadruplo del tempo della tappa omessa.
Fonti di approfondimento: US Navy Diving Manual, Mixed Gas Diving (Bret Gilliam), Deep Diving (Bret Gilliam).
2 Comments:
Ciao, la procedura va bene sempre? Le tabelle per omessa decompressione US Navy sono datate, e tengono soprattutto conto di omissione di tappe poco profonde. come comportarsi nel caso di omissione di tappe profonde? forse basta aumentare un po' le altre e livellare il tutto respirando ossigeno.
Ciao
Marco
quello che stavo cercando, grazie
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